L'abbiamo detto e ridetto in tante salse, attirando le critiche accanite dei fautori del "registro bici governativo" che ora stanno facendo marcia indietro accampando innumerevoli "distinguo".
Eppure ci sembrava che le nostre argomentazioni ("Registro pubblico o governativo") fossero basate su elementi reali e problematiche oggettive.
Tuttavia non c'è stato nulla da fare.
Imperterriti, i fautori del registro governativo, con grande tenacia e buone amicizie, sono riusciti, alla fine, ad inserire questo tema nell'agenda politica.
E, ora, si comincia a vederne i primi risultati.
Quando affermavamo che renedere governativo un registro (la storia del PRA insegna, ndr) non è un fatto banale (gli unici due paesi al mondo che ci hanno provato, Svizzera e Giappone, hanno fatto marcia indietro) perchè introduce degli obblighi stringenti per tutti i cittadini e per le forze dell'ordine, deputate alle verifiche e controlli, giustamente imposti dalla nostra Costituzione, che si trascinano dei costi enormi per tutta la collettività.
E non solo. Ma, come abbiamo dinmostrato con circa 10 anni di dati consuntivi del Registro Italiano Bici, il registro governativo, così come la marchiatura della bici, comunque venga eseguita, ridurebbero solo sensibilmente i furti di bici, laddove non fossero accompagnati da altri interventi (come stiamo dicendo da anni).
E' chiaro che, alla fine, tutti questi costi necessari per creare nuove infrastutture, procedure e ancora burocrazia, andrebbero recuperati con una nuova tassa a carico di tutti gli ignari ciclsiti.
Il metodo non è nuovo.
Ecco allora che la proposta di emendamento del senatore del PD Marco Filippi (slide 2) non deve sorprendere.
L'idea o meglio la proposta, maturata negli ambienti politici in maniera trasversale (vedi sull'argomento la recente proposta della Regione Lombardia e l'analoga del Movimento 5 Stelle) ma con obiettivi diversi, per alcuni è vista come un modo per stroncare i furti di bici (affermazione solo parzialmente vera e con costi non commisurati ai risultati), mentre per altri rappresenta un modo di "punire" i ciclsiti colpevoli di scorazzare a tutta velocità sulle corsie pedonali, viaggiando contro mano e senza mai rispettare il codice della strada (fatto questo solo parzialmente vero, dovuto essenzialmente ad una insufficiente educazione stradale).
Tale trasversalità politica, a nostro parere, deve però preoccupare tutti noi ciclisti in quanto rappresenta un buon viatico per giungere ad un voto favorevole dell'emendamento citato.
Se così fosse, assisteremmo, ancora una volta, al varo di una nuova legge che, alla fine, scontenterebbe tutti e, ciò che è peggio, senza raggiungere gli obiettivi auspicati.
Non è facile arrivare a tanto con una nuova legge, ma la storia ci dice che "i nostri" ce la possono fare...
A questo punto, ci resta solo da sperare che il legislatore rinunci ad accanirsi sui soliti contribuenti con ulteriori nuove tasse, gravando anche sull'unico mezzo di trasporto che non inquina, fa bene alla salute personale e collettiva ed è anche il più economico.
Incrociamo le dita e speriamo che Cop21, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite in corso a Parigi in questi giorni, possa ispirare rinnovata saggezza nei nostri legislatori...
Imperterriti, i fautori del registro governativo, con grande tenacia e buone amicizie, sono riusciti, alla fine, ad inserire questo tema nell'agenda politica.
E, ora, si comincia a vederne i primi risultati.
Quando affermavamo che renedere governativo un registro (la storia del PRA insegna, ndr) non è un fatto banale (gli unici due paesi al mondo che ci hanno provato, Svizzera e Giappone, hanno fatto marcia indietro) perchè introduce degli obblighi stringenti per tutti i cittadini e per le forze dell'ordine, deputate alle verifiche e controlli, giustamente imposti dalla nostra Costituzione, che si trascinano dei costi enormi per tutta la collettività.
E non solo. Ma, come abbiamo dinmostrato con circa 10 anni di dati consuntivi del Registro Italiano Bici, il registro governativo, così come la marchiatura della bici, comunque venga eseguita, ridurebbero solo sensibilmente i furti di bici, laddove non fossero accompagnati da altri interventi (come stiamo dicendo da anni).
E' chiaro che, alla fine, tutti questi costi necessari per creare nuove infrastutture, procedure e ancora burocrazia, andrebbero recuperati con una nuova tassa a carico di tutti gli ignari ciclsiti.
Il metodo non è nuovo.
Ecco allora che la proposta di emendamento del senatore del PD Marco Filippi (slide 2) non deve sorprendere.
L'idea o meglio la proposta, maturata negli ambienti politici in maniera trasversale (vedi sull'argomento la recente proposta della Regione Lombardia e l'analoga del Movimento 5 Stelle) ma con obiettivi diversi, per alcuni è vista come un modo per stroncare i furti di bici (affermazione solo parzialmente vera e con costi non commisurati ai risultati), mentre per altri rappresenta un modo di "punire" i ciclsiti colpevoli di scorazzare a tutta velocità sulle corsie pedonali, viaggiando contro mano e senza mai rispettare il codice della strada (fatto questo solo parzialmente vero, dovuto essenzialmente ad una insufficiente educazione stradale).
Tale trasversalità politica, a nostro parere, deve però preoccupare tutti noi ciclisti in quanto rappresenta un buon viatico per giungere ad un voto favorevole dell'emendamento citato.
Se così fosse, assisteremmo, ancora una volta, al varo di una nuova legge che, alla fine, scontenterebbe tutti e, ciò che è peggio, senza raggiungere gli obiettivi auspicati.
Non è facile arrivare a tanto con una nuova legge, ma la storia ci dice che "i nostri" ce la possono fare...
A questo punto, ci resta solo da sperare che il legislatore rinunci ad accanirsi sui soliti contribuenti con ulteriori nuove tasse, gravando anche sull'unico mezzo di trasporto che non inquina, fa bene alla salute personale e collettiva ed è anche il più economico.
Incrociamo le dita e speriamo che Cop21, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite in corso a Parigi in questi giorni, possa ispirare rinnovata saggezza nei nostri legislatori...